Mi fanno sempre questa domanda “ma come ti è venuta l’idea“, in realtà non abbiamo inventato niente, la doggy bag esisteva da prima del 2000, l’anno in cui è nata Buta Stupa. Comunque mi piace sempre ricordare come è nata, e quindi ve lo racconto. Ero nel mio ufficio con Sergio Miravalle, giornalista de La Stampa, e stavamo facendo un lavoro insieme, un discorso tira l’altro e lui cominciò a parlare della doggy bag come soluzione ormai largamente adottata negli Usa, -Siamo in Piemonte perché non farla con il vino!-. Fui subito pronta a cogliere la sua iniziativa: -Facciamolo! Tu ne stai parlando ma io lo faccio veramente-, e lui rispose -bene, per questo te ne sto parlando! E ti lascio anche il nome che ho pensato: Buta Stupa-.
In dialetto piemontese Buta Stupa significa bottiglia tappata, quindi nome perfetto! E Miravalle per queste cose è un grande!
Il giorno dopo Sergio scrisse un articolo (pubblicato sul sito www.butastupa.eu) ed io cominciai a lavorare sul marchio, sul sacchetto, ma soprattutto mi concentrai molto su come far funzionare il progetto.
Così nacque anche il primo progetto marketing, che consisteva nel far aderire il ristoratore consegnandogli una confezione completa di sacchetti, tappi, vetrofania, cartello vetrina, e folder informativo in modo che, fin da subito, potesse dare al cliente la bottiglia di vino non interamente consumata. Il servizio funzionò immediatamente e ancora oggi è conosciuto da molti amanti ed estimatori del vino.