I vini liquorosi, robusti e carezzevoli

I vini liquorosi vengono anche chiamati vini fortificati, o alcolizzati. In origine venivano appunto “fortificati” perché fossero in grado di conservarsi inalterati nonostante gli sbalzi termici e le sollecitazioni di ogni tipo durante le lunghe permanenze in mare sulle navi che li trasportavano dai luoghi ove erano prodotti fino ai mercati di smercio e consumo, di solito l’Europa ma soprattutto i porti britannici che sin dalla fine del Seicento ne detenevano il controllo commerciale dopo l’embargo decretato nei confronti dei vini di Francia, con cui allora l’Inghilterra era in guerra.

Immagine di un bicchiere di Porto
Bicchiere di Porto

Derivano da un vino di gradazione non inferiore al 12 per cento, cui si aggiungono alcol, mosto a cui viene arrestata la fermentazione (la mistella, detta anche sifone), acquavite di vino, mosto disidratato. Ciò innalza il loro grado alcolico fin quasi al doppio del vino base di origine (ma non deve superarlo), e stabilizzando il liquido allunga a dismisura il suo tempo di conservazione (che può superare agevolmente i cinquanta anni per avvicinare in taluni casi il secolo) oltre a trasformarne profondamente le caratteristiche organolettiche finali. Sono appunto esse, oltre al metodo con cui vengono creati, a rendere i vini liquorosi non confondibili con i passiti e con i liquori propriamente detti.

immagine di botti di legno in cantina
Botti di legno di rovere

Il Porto in ogni porto

Il Porto si ottiene per aggiunta di brandy al mosto. Tre sono i tipi più comuni e conosciuti. Per il Ruby si impiegano uve non selezionate, e il suo periodo di invecchiamento è più breve rispetto ai suoi “fratelli” più nobili, non andando oltre i cinque anni. Il Tawny deriva da uve di maggior selezione, e deve invecchiare più a lungo. Il più pregiato è il Vintage, per il quale la scelta delle uve è tanto curata da pretenderle tutte di una sola particolare e qualitativa annata.

Il suo nome deriva dalla città portoghese di Oporto, nei pressi della foce del Douro. Veniva trasportato lungo il fiume sui barcos fino al clima più adatto di Vila Nova de Gaia, dove meglio maturava. Vista l’ottima qualità e la convenienza del minor prezzo, costituiva per i mercanti inglesi un’alternativa allettante ai prodotti francesi, tanto che alcuni di essi avviarono stretti rapporti commerciali con i vignaioli locali, sino a trasferirsi in Portogallo per diventare essi stessi produttori.

La dolcezza del Madera

Botti per Madera
Botti per Madera

Dall’arcipelago portoghese di Madera, situato in pieno Oceano Atlantico a circa settecento chilometri al largo delle coste settentrionali dell’Africa, viene l’omonimo vino liquoroso. E’ prodotto per aggiunta di alcol di canna da zucchero al vino di uve malvasia e verdelho, ed esposto per lungo tempo a temperature intorno ai cinquanta gradi in appositi recipienti in pietra detti estufas (stufe) che generano aria calda. Dal Sercial al Verdelho al Boal al Malvasia, la qualità cresce insieme alla dolcezza del sapore. Ne esiste anche una versione millesimata, capace di conservarsi per decenni.

Il madera fu protagonista di un momento storico, il brindisi con cui il 4 luglio 1776 il presidente Thomas Jefferson celebrò la Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America. Altra curiosità: quando negli anni 20-30 del Novecento negli Usa viene sancito il bando alla fabbricazione, vendita, importazione e trasporto di alcol (conosciuto come proibizionismo), le importazioni si dirottano verso la Francia, dove nasce appunto la sauce madère (salsa al madera).

L’Andalusia e il suo Sherry

Sherry o Jerez o Xeres, è sempre lo stesso vino liquoroso, dipende dalla lingua con cui lo si nomina. Sherry è il nome internazionale, in Spagna è detto Jerez o più di rado Xeres. L’origine è appunto spagnola, la zona è quella meridionale compresa dai fiumi Guadalete e Guadalquivir e dall’Atlantico: siamo in Andalusia, i dintorni sono quelli della città di Jerez de la Frontera, anticamente (VI secolo a.C.) chiamata Xera, poi ribattezzata nel tempo Ceret, Sherish, Xeres.

Le uve sono il palomino, il Pedro Ximenes e il moscatel. Nei vini di più alta qualità, dove l’aggiunta di distillato è minore, si crea un velo di lieviti tra il vino e l’atmosfera, la flor. Per pregio e tempo di invecchiamento si distinguono le varietà fino, amontillado e oloroso. Non esiste una datazione ufficiale di tale vino, ma l’anno di riferimento della produzione è il 1851.

Per molti versi analogo al marsala, lo sherry non va confuso con il Cherry Brandy, un liquore dolce a base di ciliegia.

Il profumo della Sicilia nel Marsala

Vino Marsala con grappolo d'uva
Vino Marsala con grappolo d’uva

Il Marsala nasce dai vitigni Grillo, Inzolia e Catarratto, al loro vino si addiziona alcol. Dipende dal periodo di invecchiamento (che va da un anno fino a dieci, rigorosamente in botti di legno di rovere) il suo gusto secco, semisecco o dolce. La gradazione è intorno al 17-18 per cento. Si trova oggi sul mercato in due categorie, vergine e conciato.

Intorno al 1770 sbarca in Sicilia il commerciante inglese John Woodhouse: cerca la soda, scopre invece i vini della cosiddetta fascia del sole, situata alla stessa latitudine di Madera e di Oporto, dunque un altro clima ideale per creare vini liquorosi, oltretutto con ben minori costi di produzione e trasporto.

Nel 1833 l’imprenditore palermitano Vincenzo Florio fonda le Cantine omonime avviando la produzione del Marsala in aperta concorrenza con le aziende inglesi.

Dal 1984 il disciplinare Doc limita l’area di produzione alla sola provincia di Trapani ad esclusione del comune di Alcamo e delle isole di Pantelleria e Favignana; la vera zona di elezione è però costituita dalle famose terre rosse, cioè la stretta fascia costiera a nord e a sud della città di Marsala.

 

I vini liquorosi, robusti e carezzevoli

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